Le origini storiche

Il nome Salò non ha una derivazione chiara, in molti hanno tentato di dare una definizione sull’origine, senza mai giungere ad una risposta certa. Alcuni lo fanno risalire al nome di una regina etrusca, Salodia, che abitò a Salò, fondando magnifici palazzi.
Altri lo collegano ad un lucumone (magistrato) Saloo, nobile di stirpe etrusca, altri ancora al termine latino Salodium, che indicava le sale e le stanze di cui erano ricche le ville di epoca romana sul lago.
Una spiegazione valida sembra essere quella che fa risalire il nome di Salò, al fatto che la città era, anche nell’antichità, la capitale economica dove veniva depositata una risorsa importantissima come il sale. Si deve tenere presente che Salò, nei tempi antichi, era collegata al mare Adriatico attraverso il fiume Mincio (emissario del lago di Garda), che arrivava al delta del Po e poi all’Adriatico. Quindi, tramite le navi, i romani risalivano le correnti marine e quelle fluviali fino a giungere a Salò, dove avevano i loro depositi.
Questa cittadina vanta pretese romane di antica data anche se, ancora prima dei romani, probabilmente in epoca preistorica, qui c’erano insediamenti neolitici di grande rilievo.
Nella zona nord-occidentale di Salò (zona Lugone ora via Sant’Jago), fu rinvenuta una necropoli romana (un cimitero dove i romani seppellivano i loro avi) e, negli anni 70, fu condotta un’accurata campagna di scavi che portò alla scoperta di diverse tombe ed al rinvenimento di vario materiale, fra cui un’anforetta che tutti c’invidiano e, che ora, è esposta al museo archeologico di Milano. Sembra che di questa piccola anfora, che riporta impresse scene di caccia, ne esista un’altra copia, peraltro non proprio simile, ma che mostra le stesse caratteristiche strutturali, e si trovi in Spagna.

Il Medioevo
Le mura medievali, di cui rimangono rare tracce, furono alterate e rinforzate da Beatrice della Scala nel XV secolo. Di quel periodo sono anche le due porte della città, una delle quali sormontata da un antico orologio.
Durante il periodo di dominazione veneta (1423-1796), Salò divenne capitale di un vasto territorio che, nella seconda parte del ‘500, assunse il nome di "Magnifica Patria". Vi risiedeva un Podestà o Rettore che governava l’intero territorio col mandato di amministrare anche la giustizia.

Il Risorgimento
Con l’avvento di Napoleone e successivamente con l’Amministrazione austriaca del Regno Lombardo-Veneto, la riviera di Salò cessa di essere autonoma ed entra a far parte della provincia di Brescia.

La Repubblica di Salò
Nell’ottobre 1943 nasceva tra Salò e Gargnano la R.S.I., conosciuta come Repubblica di Salò.
Seguendo un itinerario fra i palazzi e le ville di questa città, ne ricordiamo alcuni per la particolare utilizzazione: l’albergo Barbarano, requisito dal Ministero degli affari esteri, era destinato ai dipendenti ed alla mensa.
Villa Simonini, in stile liberty (oggi hotel Laurin), era sede del Ministero degli esteri, presieduto dallo stesso Mussolini.
Villa Amadei e il palazzo della Croce Rossa Italiana, in prossimità del lungolago, erano sede del Ministero della Cultura Popolare e della Divisione Spettacolo.
Villa ex Angelini, in curva sulla discesa del Carmine, era occupata da cabine telefoniche riservate ai giornalisti. Poco oltre, nel Liceo Scientifico, in via Fantoni, si trovavano un reparto della "Muti" e uno della decima flottiglia MAS al comando del Principe Junio Valerio Borghese.
Sul lungolago la Casa del Fascio (oggi bar Italia), era a disposizione delle guardie di Mussolini, agli ordini del Console della milizia Albonetti.
In piazza Vittorio Emanuele, allora piazza Ettore Muti (eroe della prima guerra mondiale e seguace di D’Annunzio nell’impresa di Fiume), l’ex Palazzo Castagna, ora sede della banca Valsabbina, ospitava il comando della Polizia di Salò il cui capo era Tullio Tamburini.
La famosa "Agenzia Stefani", agenzia di stampa della propaganda fascista, si trovava nell’edificio delle scuole elementari, presidente era il sen. Luigi Barbini e segretario Ernesto Daquanno. Detta agenzia era in collegamento con il Palazzo del Capitano-Rettore Veneto (all’interno dell’attuale municipio), sede dell’ufficio interpreti per la traduzione dei comunicati esteri. Nell’ex Collegio Civico, in via Brunati c’era il comando della Guardia Nazionale repubblicana che aveva sostituito la soppressa arma dei Carabinieri, il comando era affidato a Renato Ricci. Altri ufficiali si trovavano in via Garibaldi presso l’ex caserma dei Carabinieri, mentre l’oratorio maschile era a disposizione di un raggruppamento delle brigate nere.
Di fronte alla chiesa di San Bernardino, il Teatro Comunale che veniva utilizzato oltre che per spettacoli di alto valore artistico, anche per convegni e assemblee politiche

Lo sviluppo urbano
L’estimo di Salò dell’anno 1449 permette di ricostruire in modo abbastanza completo l’aspetto del burgum Salodii (Salaude nel 1016) in epoca tardo-medievale.
L’abitato era cinto da una muraglia e da un fossato lungo i lati occidentale, settentrionale ed orientale; verso lago c’era una muraglia solo nel tratto tra il Duomo e piazza Carmine, ma arretrata rispetto al lago, in modo da delimitare un prato esterno al borgo utilizzato dalla comunità per stendervi panni e depositarvi barche e attrezzi. Tra il Duomo e piazza Vittorio Emanuele II l’accesso dal lago era impedito dalle case costruite al limite delle acque, un po’ come a Venezia. Salò medievale si sviluppava all’interno della cinta di mura, intervallata da diverse torri; all’esterno del borgo c’erano solo sparute abitazioni.
La via di Sotto (conosciuta popolarmente come tale ancor oggi e corrispondente alle vie San Carlo, Mattia Butturini, Gerolamo Fantoni) era la strada più importante: allora come oggi collegava le due porte principali del borgo fortificato.
I vicoli che tagliano perpendicolarmente le tre vie principali erano chiamati nel medioevo “tresande”, termine che è rimasto vivo nella parlata dei Salodiani e figura anche nello stradario.
All’esterno delle mura cominciava subito la campagna, con orti, oliveti e campi coltivati a cereali.
Con gli estimi del sec. XVI si rilevano sensibili cambiamenti. All’interno del borgo medievale, di cui restano una decina di edifici quattrocenteschi, si registra un certo aumento delle case censite, ma l’impianto urbanistico rimarrà pressoché invariato fino agli inizi del sec. XX.
La popolazione del Comune nel sec. XVI raggiunse le 5000 anime. Ne conseguì un forte sviluppo edilizio, soprattutto all’esterno delle mura, per cui si censirono i primi sobborghi: dalla parte verso Brescia, il borgo di Fuori, che poi diventerà borgo di Belfiore o borgo di Sopra; lungo l’asse viario che attraverso le Rive giungeva a Desenzano, il borgo di San Bernardino o borgo di Sotto. Tra questi due borghi si era sviluppato un terzo agglomerato di case, lungo la strada che conduceva in Valle di Salò e poi a Muro e a Villa, chiamato borgo delle Strette e più tardi borgo di Mezzo. Dalla parte orientale, lungo la strada Regia, oggi via Cure del lino, si formò il borgo di Santa Caterina che prese nome da un convento di Carmelitane.
Con gli estimi più tardi si assiste all’ulteriore incremento dei sobborghi. A seguito dello sviluppo del borgo di San Bernardino, nel 1630 il Comune costruì la porta Dandolo al Rio Brezzo e una muraglia merlata alta cinque metri.
Cambiamenti notevoli nell’urbanistica di Salò si ebbero solo all’inizio del secolo scorso, quando, a seguito del terremoto del 1901, si demolirono le case lesionate, ricavando due nuove piazze (Sant’Antonio e Giuseppe Zanardelli) e costruendo il lungolago (totalmente rinnovato nel tratto occidentale a partire dal 1989, e riservato esclusivamente ai pedoni).